venerdì 25 maggio 2012

Sanità, medici senza cognome sul camice. Ora il caso Mantova arriva in Regione – Il Fatto Quotidiano

Sanità, medici senza cognome sul camice. Ora il caso Mantova arriva in Regione – Il Fatto Quotidiano

Il caso del Direttore del’USL Scarafuggi

Partendo dal presupposto che nessuno è colpevole fino alla sentenza definitiva,Il caso del Direttore del’ASL Scarafuggi è esemplare di come la marcata influenza della politica all’interno della Sanità pubblica possa provocare danni.L’aziendalizzazione spinta delle nostre Unità Sanitaria con conseguente affidamento delle decisioni a persone nominate dai vertici politici regionali e non a persone assunte tramite concorso ha provocato uno squilibrio di potere a favore di presunti manager imposti dall’esterno e scevri da ogni controllo.Ricordiamo che nel febbraio 2010 l’assessore regionale Rossi confermò l’attuale Direttore(oggi agli arresti domiciliari)magnificandone le doti,salvo poi inviargli una lettera di diffida nel 2011 a causa della questione di Massa ma mantenendolo comunque saldamente al suo posto.Questo è il tipo di politica che il Movimento 5 Stelle vuole sostituire con una gestione basata più sulle competenze che sugli accordi di partito,ridando ai sanitari il ruolo e il potere decisionale che spetta loro a partire dalla scelta dei primari,non più nominati ma assunti tramite concorso,come ad esempio un qualsiasi infermiere o OSS che lavora tutti i giorni in condizioni spesso al limite grazie a quei tagli talora indiscriminati che quei manager di nomina politica impongono con forza.
Fonte: Movimento 5 stelle Pistoia

domenica 13 maggio 2012

Tumore al seno. Per la Festa della Mamma tornano in piazza le "Azalee della Ricerca"

In 30 anni il tasso di guarigione è arrivato a sfiorare l’80%, ma il carcinoma alla mammella resta la prima causa di morte per le donne al di sotto dei 55 anni. Anche quest'anno l'abituale raccolta fondi dell'Airc in tutte le piazze d'Italia. 13 MAG - Se in soli trent'anni il tasso di guarigione da alcune forme di tumore – e in particolare di quello del seno – è più che raddoppiato, lo si deve quasi solo alla ricerca. Oggi le donne che sono colpite da carcinoma alla mammella riescono a sconfiggerlo quasi nell'80%, e molto è stato fatto anche sul fronte della prevenzione. Ecco perché, per continuare a sostenere l’impegno dei ricercatori che lavorano per sconfiggere questa come altre neoplasie che colpiscono le donne (come cancro alla cervice uterina, ma anche ai polmoni e al colon), tornano in piazza le Azalee della Ricerca. Anche quest’anno 25 mila volontari dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (Airc) tornano in occasione della Festa della Mamma a distribuire azalee nelle piazze italiane a fronte di una donazione di 15 euro, sotto lo slogan “Mettiamo il cancro all’angolo”. Acquistando le piante dunque, mentre si trova un regalo adatto per le mamme, si fa anche un gesto concreto a sostegno dei progetti di ricerca sui tumori femminili. L’Italia è già all’avanguardia nella cura,grazie all’eccellenza degli oncologi e delle strutture in cui operano e alla loro attenzione all’innovazione terapeutica, che attualmente punta a due obiettivi primari: il miglioramento della qualità della vita delle pazienti in trattamento e la personalizzazione della cura. Nonostante i grandi progressi che sono già stati fatti però, per le donne al di sotto dei 55 anni il tumore al seno rimane la prima causa di morte. La patologia registra nel mondo 1 milione di nuovi casi l’anno, 40.000 circa dei quali in Italia. Come mostrato da un rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità del 005, le morti ogni anno sono 502.000: in Italia, la diagnosi di tumore della mammella interessa oltre 300.000 donne, con 40.000 nuovi casi ogni anno, circa 140 ogni 100.000 abitanti, e la malattia è responsabile di circa 11.000 decessi all’anno. Tuttavia, da qualche anno si sta assistendo ad un netto calo della mortalità grazie ai progressi compiuti in campo terapeutico e alla diffusione dei programmi di screening per la diagnosi precoce. I controlli periodici, ed in particolare l’avvento della mammografia, hanno migliorato sensibilmente i tassi di sopravvivenza. Ecco perché sono particolarmente importanti le innovazioninell’ambito del trattamento del tumore al seno. Oggi il percorso terapeutico tradizionale (diagnosi-chirurgia-trattamento) si è modificato grazie all’evoluzione delle tecniche chirurgiche, dei trattamenti di chemioterapia, radioterapia e ormonoterapia e l’avvento delle nuove terapie con gli anticorpi monoclonali, farmaci rivoluzionari in grado di colpire con precisione le cellule malate, senza danneggiare quelle sane. In particolare sono interessanti le nuove terapie per il cancro HER2 positivo, che rappresenta il 20-30% di tutte le diagnosi di carcinoma mammario: l’HER2 (Human Epidermal Growth Factor Receptor 2) è un recettore presente sulla membrana di molte cellule e, in situazioni normali, ne regola la crescita e la proliferazione, quando però il gene HER2 viene sovraespresso, il numero dei recettori aumenta in modo anomalo provocando una crescita cellulare incontrollata o maligna. Per questo, le forme di cancro che presentano il gene modificato, sono forme particolarmente aggressive, con una progressione più rapida e un’età di insorgenza particolarmente precoce. Oggi le donne con tumore al seno hanno la possibilità di sottoporsi a test specifici, in grado di identificare precocemente la sovraespressione dell’HER2, fin dal momento della diagnosi, e conseguentemente indirizzare le terapie. Per determinare se il tumore è HER2 positivo o negativo si preleva una piccola parte del tumore, che viene fatta analizzare in laboratorio: se il test risulta positivo vuol dire che sono stati riscontrati sulle cellule tumorali più recettori HER2. Secondo le linee guida dell’ASCO (American Society of Clinical Oncology), il test HER2 deve essere effettuato su tutti i tumori mammari. Per fortuna, negli ultimi decenni la ricerca scientifica è riuscita non solo a individuare una diagnostica ad hoc, ma anche e soprattutto a sviluppare efficaci farmaci a bersaglio molecolare, come trastuzumab, un anticorpo monoclonale che ha modificato significativamente la storia naturale del tumore mammario HER2 positivo. Oggi, forti di questo importante traguardo terapeutico raggiunto, l’attenzione della ricerca è sempre più indirizzata alla qualità della vita delle pazienti e allo sviluppo di terapie personalizzate, più efficaci e meglio tollerate: per questo è stata recentemente individuata una formulazione più agevoli per il farmaco, quella sottocutanea, che è in grado di ridurre il tempo di somministrazione e dunque di permanenza della paziente all’interno della struttura ospedaliera, una fattore indubbiamente stressante per le pazienti. “Secondo le evidenze scientifiche dello studio di Fase III HannaH che ha coinvolto 596 donne con tumore al seno HER2 positivo in fase iniziale la formulazione di trastuzumab sottocutaneo è in grado di ridurre il tempo di somministrazione a 5 minuti, rispetto ai 30 minuti necessari con il metodo standard endovenoso e non necessita di preparazione medica”, ha spiegato Sabino De Placido, Professore ordinario di Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli. In questo modo, spiegano gli esperti, non solo migliora la qualità della vita delle pazienti nella fase difficile e delicata del trattamento, ma aumenta anche la compliance, e dunque migliorano i risultati terapeutici. Ad oggi, come già detto, la ricerca va avanti. In particolare esistono nuove molecole personalizzate in studio per le pazienti con il tumore HER2 positivo in fase avanzata: la prima è un inibitore della dimerizzazione di HER2, che impedisce al recettore HER2 di accoppiarsi ad altri recettori, inibendo così la crescita cellulare e inducendo la morte delle cellule tumorali; la seconda, è un anticorpo-farmaco coniugato, che lega al trastuzumab un potente chemioterapico, in modo che l’anticorpo possa essere in grado di trasportare la chemioterapia direttamente all'interno delle cellule tumorali. 13 maggio 2012

venerdì 4 maggio 2012

MARIJUANA TERAPEUTICA, LA TOSCANA DICE Sì

MARIJUANA TERAPEUTICA, LA TOSCANA DICE Sì 2 / 5 / 2012 | Il consiglio regionale della Toscana ha detto sì: ci si potrà curare anche con farmaci a base di cannabinoidi. Perchè la marijuana non serve solo per sballarsi: la medicina la studia da tempo, ed i suoi effetti sono certificati su una lunga serie di patologie, dalla cura del glaucoma, nella prevenzione del vomito, nel controllo di alcune spasticità croniche, come adiuvante nel controllo del dolore cronico neuropatico associato a sclerosi multipla, nel trattamento del dolore nei pazienti affetti da cancro. I cannabinoidi permettono poi di ridurre i dosaggi degli analgesici oppiacei, quali la morfina e i suoi analoghi. E sono molti gli Stati al mondo le ne consentono l’uso, soprattutto a fini medici: 11 quelli americani ed il Distretto di Columbia, e poi i Paesi Bassi, anche se c’è stata una stretta sui coffee shop, vietati anche ai frontalieri. Il Portogallo, il Canada, la Germania: da noi la marijuana è inserita nelle stesse tabelle di eroina e cocaina: col possesso scattano pesanti sanzioni amminitstruive, dal ritiro della patente al passaporto. Per lo spaccio, e si configura tale anche il possesso di una quantità che superi il massimo del principio attivo consentito, si rischiano da 1 a sei anni di carcere per piccole quantità, fino a 20 anni per quantità corpose. Ma anche la legge nazionale prevede che l’uso autorizzato da medico di farmaci a base di cannabinoidi sia legale: il fatto è però che nel nostro Paese semplicemente non ce ne sono. Si producano, chiedono i radicali, che salutano la decisione dle Consiglio regionale della Toscana come un passo avanti della civiltà. Carta straccia, per il capogruppo al Senato del PDL Gasparri, che parla di una speculazione vergognosa sulla pelle di chi soffre. E c’è pure chi ha avviato una veglia di preghiera con rosario, contro la legge toscana. Resta il fatto che in Italia, malgrado la legge sulla terapia del dolore, milioni di malati cronici non hanno le cure sufficienti, anche per la farraginosità del sistema di prescrizione, per gli oppiacei come la morfina. Anche quella, a tutti gli effetti, una droga: dipende dall’uso che se ne fa

Kebab direttamente in ospedale e 'Striscia' fa irruzione a Careggi

Decine di segnalazioni sono giunte negli ultimi tempi all'associazione di consumatori Aduc, in cui si spiega che i fattorini, senza né lavarsi le mani né togliersi il casco, danno il pranzo nelle mani del paziente Firenze, 30 aprile 2012 - 'Striscia la notizia' ha fatto irruzione questa mattina all'ospedale fiorentino di Careggi, per documentare un'abitudine che nemmeno gli stessi dirigenti della struttura ritenevano così diffusa: pizzerie da asporto, rosticcerie cinesi, kebabbari e anche rosticcerie italiane che offrono prodotti etnici, con disinvoltura, accettano ordinazioni dai pazienti e le consegnano direttamente al loro lettino. "Abbiamo rilasciato da tempo una circolare in cui spieghiamo che il cibo può entrare in ospedale, con particolari precauzioni", avverte il direttore Sanitario di Careggi, Valerio del Ministro. Ma, almeno a Careggi, è diventata un'abitudine consolidata per i pony express consegnare di tutto, direttamente in corsia. Con tanto di sconto ai pazienti: per una pizza e una bevanda scontate, ad esempio, è sufficiente dire al telefono di essere un "parente" o un "malato" che chiama da Careggi. E i tantissimi volantini diffusi non solo nelle sale di attesa, ma anche all'interno dei reparti dove ci sono i degenti, parlano chiaramente di "promo ospedali" per il Meyer, il Cto e, appunto Careggi. Una nota catena da asporto, ad esempio, offre una pizza e una bevanda in lattina a 5 euro invece che a 6 e 50. Senza che vi sia alcuna forma di convenzione tra gli ospedali e queste forme di ristorazione. A destare ancora più perplessità, tra i familiari dei degenti che hanno voluto denunciare questa situazione, è l'aspetto dell'igiene. Decine di segnalazioni sono giunte negli ultimi tempi all'associazione di consumatori Aduc, in cui si spiega che i fattorini, senza né lavarsi le mani né togliersi il casco, danno il pranzo nelle mani del paziente. E c'è anche l'aspetto della salute: secondo le denunce giunte all'associazione, è vero che nulla proibisce di portare cibi piccanti o particolarmente grassi in corsia, ma ci si aspetterebbe un maggior controllo da parte degli infermieri.

giovedì 3 maggio 2012

Lettera di Protesta per l'apertura Centro Ustionati nel Reparto di Chirurgia

I Lavoratori del Reparto di Chirurgia del Meyer sono in rivolta e hanno prodotto una lettera di protesta per l'eventuale apertura del Centro Ustionati, questo porterebbe un notevole aumento del carico di lavoro, in barba al progetto IBIS (Burn Out Infermieristico), a questo punto, soldi buttati al vento! Questo nuovo servizio richiederà l'impegno da parte degli Infermieri, rientri in modo sistematico, straordinari e il famigerato turno in quarta. La RSU in riunione con l'Azienda e la Dottoressa Angela Brandi (Direzione Infermieristica) è stata molto chiara per risolvere questa situazione: " O si chiudono posti letto, oppure del Centro non se ne parla finché non verranno assunti nuovi Infermieri".